Lunedì 28 aprile 2025, ore 18.30, Broletto di Novara.
Fu l’impresario del Teatro San Moisè di Venezia che, dopo il successo de La cambiale di matrimonio (1810), ingaggiò Gioachino Rossini per altre quattro farse, tre delle quali composte nel 1812 (L’inganno felice, La scala di seta e L’occasione fa il ladro), seguite da Il signor Bruschino nel 1813. Tutti questi cinque titoli del genio pesarese sono stati messi in scena al Teatro Coccia di Novara negli ultimi anni affiancandoli alla proposta di nuove piccole opere in prima esecuzione assoluta nell’ambito del progetto DNA Italia. In questa occasione, la farsa di Rossini sarà infatti affiancata dalla nuova commissione in prima esecuzione mondiale dall’opera Prima della scala, su musica di Federico Gon e libretto di Stefano Valanzuolo. A presentare l’opera di Rossini al Broletto di Novara saranno Stefano Rabozzi e Alessandro Mormile. La finalità dell’incontro è duplice e vedrà Stefano Rabozzi inquadrare il contesto storico e sociale in cui Rossini si trovò ad operare. Successivamente, Alessandro Mormile offrirà alcuni momenti di riflessione su La scala di seta come nuovo modello stilistico di opera buffa. Nella totalità di queste cinque farse in un atto scritte da Rossini in gioventù per Venezia, tanto belle quanto appunto capaci di rinnovare un genere che, grazie a lui, trovò una fisionomia tutta sua, La scala di seta ha un libretto di Giuseppe Maria Foppa che richiama nel soggetto Il matrimonio segreto di Cimarosa per il tema delle nozze clandestine, qui ridotto a sfondo per liberare l’aspetto parodistico che, anche quando colorato di tinte pateticamente distese, resta fedele al senso d’indiavolata ritmicità (a partire dalla spumeggiante celebre Sinfonia d’apertura dell’opera) con la quale si veste musicalmente una trama spassosissima e, ovviamente, a lieto fine come è caratteristico del genere. Il libretto conserva le caratteristiche di una drammaturgia costruita sull’intreccio in cui sono coinvolti i personaggi, senza svilupparne più di tanto le fisionomie individuali, come all’opposto era in uso fare per quelle situazioni comiche della farsa in stile italiano che faceva invece scaturire l’aspetto giocoso dai caratteri stessi, attraverso il contrasto sociale espresso anche nelle differenze linguistiche e dialettali fra i ruoli. Per questa trama, fatta d’incastri sentimentali farseschi, Rossini e il librettista Foppa costruiscono un meccanismo teatrale perfetto, dove la musica, con l’incedere incalzante che invita alla gioia, talvolta cede il passo, ma solo per gioco, al languore sentimentale di arie dove il virtuosismo vocale si dispiega nella sua doppia veste: elegiaca e acrobatica. L’involo fresco di una creatività compositiva così sorgiva non portò tuttavia fortuna all’opera, che sparì dalle scene, forse a causa del calo di interesse nei confronti delle opere in un atto unico, soppiantata da altri capolavori rossiniani. Cadde nel dimenticatoio fino ai tempi in cui la “Rossini reinassance” novecentesca l’ha riportata, come merita, all’attenzione del pubblico.